Perche’ gestire le obiezioni ci e’ così difficile?
Perchè viviamo le obiezioni come sintomi di contrarietà e non come interesse, e di fronte alla contraretà a molti di noi viene spontaneo ritirarsi o aggredire.
Perchè?
1) Confondiamo spesso la discussione con il litigio/conflitto, e per evitare tutte le sensazioni sgradevoli connesso ad esso (violenza, rabbia, ansia, rifiuto), preferiamo sottrarcene –> Strategia dell’evitamento.
2) pregiudizio culturale: [deficit a livello sociale, a scuola come a casa “in famiglia non litighiamo mai” come se litigare fosse cosa negativa. C’è uno stigmate nella nostro codice sociale verso il confronto, che ci fa guardare alla discussione come qualcosa di negativo]
3) Non sappiamo discutere, non siamo educati a gestire in maniera costruttiva lo scontro: stare nella conflittualità ci richiede uno sforzo.
Se le uniche forme di confronto a cui assistiamo sono le liti di uomini e donne, discussione ad alta carica di violenza verbale e para verbale, e’ naturale la fuga
Tuttavia, se quotdianamente nella nostra vita siamo esposti a molte situazioni di conflitto e nella maggior parte dei casi ci sottriaiamo, – un po’a ragione e un po’ per quieto vivere – a livello lavorativo spesso questa incapacita’ al confronto verbale diventa un’incapacità, deficit, un comportamento disfunzionale che mi allontana da ci che voglio ottenere.
Avete background diversi [per un aumento, uno stipendio, la chiusura di un contratto]
Gestire le obieioni ci è difficile perchè le associamo a un conflitto, e stiamo malvolentieri nel conflitto. L prossima volta vedremo perchè a livello emotivo abbiamo questa difficoltà, e quali sono le ragioni per cui siamo così vulnerabili allo scontro e al rifiuto. Lo scopo di questa lezione è:
- operare un reframing
- darvi degli strumenti per gestire in maniera più efficace le obiezioni che ci vengono mosse.
Prima dicevamo che solitamente ci muoviamo in cornice PROBLEMA e pratichiamo questa associazione:
OBIEZIONE = NON E’ D’ACCORDO CON ME = E’ CONTRO DI ME
Questo ci porta a evitare le obiezioni, a viverle come qualcosa di problematico, come se fosse un segnale di rifiuto, di contrasto, così optiamo per l’evitamento.
È inutile evitare le obiezioni, Anzi è da stupidi.
Abbiamo capito che le obiezioni generano una sensazione dolorosa che tendiamo a confondere per rifiuto e pertanto attendiamo a procrastinare e ad evitare situazioni in cui potenzialmente potremmo ricevere un rifiuto. Spesso abbiamo un elefante nella stanza, e poichè abbiamo paura che affrontarlo possa essere cosa sgradevole, ci conviviao tacitamente:
– maturando malessere e scontento
– sabotando involontariamente il raggiungimento dei nostri obiettivi
Disfunzioni nella vendita:
- parlare troppo durante la vendita
- non arrivare al dunque
- non sapere in quale fase del processo di vendita ci si trova
- evitare domande potenzialmente scomode al cliente ma utile alla vendita
- Ignorare segnali evidenti di disinteresse da parte del cliente
- essere colti di sorpresa da obiezioni impossibili
- fare sconti anche quando non serve
- negoziare con se stessi
- sprecare tempo in trattative che non portano da nessuna parte
L’illusione è una comoda culla: spesso è più facile sfuggire alla verità poiché in questo modo si evita un no, e di conseguenza anche la sofferenza. Così si dà colpa all’economia, ai concorrenti, ai prezzi troppo alti anziché affrontare la verità.
In realtà la vendita, come ogni trattativa della vita ha bisogno di obiezioni.
Le obiezioni sono una componente naturale del processo decisionale umano, indicano confusione preoccupazione incertezza, sono sinonimo di un momento di instabiltà in cui i giochi sono aperti. le obiezioni sono inevitabili, sono FASI NECESSARIE DI UNA TRATTATIVA VIVA/APERTA e vi dicono che il potenziale cliente è ancora interessato.
Le obiezioni sono sinonimo di INTERESSE, se domando sto scendendo nello spazio della discussione, e le sue domande sono sinonimo di una mancanza di informazioni: l’interlocutore non ha tutti gli elementi per vederla come voi.
Pertanto, per quanto sembri paradossale, nella vendita bisogna cercare LE OBIEZIONI, poiché ogni trattativa passa necessariamente attraverso le obiezioni e solo risolvendo le obiezioni del cliente si può avere successo. In altri termini, Si deve imparare a gestire la naturale paura di essere rifiutati, chiedere quello che si vuole e affrontare a muso duro il potenziale rifiuto, cosa che non è una condizione psicologica normale per gli esseri umani.
Pertanto dobbiamo passare dalla cornice PROBLEMA a quella OPPORTUNITA’: l’obiezione è un segnale che la persona mi sta seguendo, è interessata a me, e se la gestisco in maniera abile potrò portare a casa ciò che desidero.
Pertanto è consigliabile che da evitatore professionisti di obiezioni e conflitti ci si trasformi in segugi di obiezioni per indurre il potenziale acquirente a parlare tramite domande sapienti che portino a galla l’obiezione punto.
Spesso infatti il prospect o i nostri interlocutori sono iceberg: quello che ci rivelano in prima battuta non è che in realtà soltanto la parte superficiale dei suoi pensieri e delle sue necessità, la parte importante è nascosta sotto la superficie e bisogna porre domande per andare ad individuare veramente dove sta il punto. bisogna far emergere le obiezioni al più presto e spesso.
Se le obiezioni non vengono a galla non vuol dire che non esistono, anzi, vuol dire solo che qualcuna delle parti/ o entrambe non ha il coraggio di affrontarle a viso aperto con il cliente. Ma proprio non facendole venire a galla il venditore si sabota.
Ovviamente non si devono mettere le obiezioni in bocca al cliente, ma è importante indurre la controparte a rivelarle al più presto poiché:
- capite se c’è possibilità di concludere o meno
- è più facile gestire le obiezioni all’inizio del processo di vendita che in conclusione
- quando sapete quali sono gli ostacoli, potete far salire il nemico sul tetto e togliergli la scala
- si crea un clima di fiducia poiché dimostrate fiducia nel vostro prodotto nel vostro servizio
3) perchè le persone muovono obiezioni (bias)
RISPARMIO ENERGETICO ed EURISTICHE
Come ci siamo detti il nostro cervello è un dispositivo di risparmio energetico: deve ottimizzare al meglio le sue risorse di attenzione per garantire la massima efficacia. Per questo spesso utilizza le euristiche, scorciatoia mentale che ci permette di prendere decisioni complesse con rapidità e minimizzando lo sforzo cognitivo (il cervello seleziona le informazioni che riceve e ne usa una minima parte.
Esempio:
1 – “se una volta ho fatto così ed ha funzionato, se lo faccio di nuovo, funzionerà di nuovo”
“Tutti i venditori sono uguali”).
Il ragionamento di tipo euristico, in opposizione a quello di tipo algoritmico, prevede che si giunga ad una risposta/output affidandosi all’intuizione piuttosto che seguendo un procedimento di verifica sequenziale degli step necessari allo scopo. Tale stile decisionale è preferibile in quelle circostanze in cui la scarsità di risorse cognitive e di risorse temporali impediscono una valutazione approfondita e ponderata di tutti gli elementi o quando l’output richiesto al sistema cognitivo concerne procedure familiari o già consolidate.
Così, anche alla base delle obiezioni ci confrontiamo con alcuni bias:
1) Bias dello status quo Se non è rotto, non cambiarlo.
Base: agli uomini non piace il cambiamento, vi si fa resistenza: ricerchiamo per natura la stabilita. Pensate a quanta energia, a quanto sforzo ci richieda spesso prendere le distanze da una situazione dolorosa, una relazione malsana, un posto di lavoro mediocre, una città che non ci nutre come vorremmo: spesso, nonostante vi sia della sofferenza, preferiamo convivere con il disagio piuttosto che abbracciare il cambiamento. E questo vale anche per i cambiamenti favorevoli, non fa nessuna differenza: temiamo che il mero fatto di cambiare possa portare ad un peggioramento della situazione. – le RESISTENZE AL CAMBIAMENTO
Questo non risparmia l’atteggiamento con cui il cliente si approccia all’acquisto: il cervello del cliente è settato sulla negatività (ciò che potrebbe andare male) che sulla positività (ciò che potrebbe andare bene). A volte, l’obiezione non nasce dal prezzo troppo alto o dalla qualità del prodotto, ma dalla prospettiva del cambiamento, che spaventa (paure di conseguenze negative). Di conseguenza, la spinta più forte sarà sempre quella a mantenere le cose come stanno piuttosto che operare un cambiamento, qualunque esso sia, anche quando le cose vanno dichiaratamente già male “Meglio sapere di che morte si deve morire”. Pertanto per i venditori lo status quo è e sarà fra gli avversari più ostici: che il vostro interlocutore sia un prva o un’azienda, la loro spinta motivazionale sarà spesso quella al conservatorismo, alla resistenza al cambiamento.
2) Bias della negatività
Abbiamo appena detti che spesso non fare nessun cambiamento è la scelta psicologicamente più sicura. Così, spesso, per difenderci da ciò che potrebbe apportare cambiamento, ricerchiamo le negatività. Si tratta del bias della negatività: il cervello umano tende a concentrarsi sulle cose che non vanno negli altri – pensieri, messaggi, immagini negative catturano e trattengono l’attenzione- poichè ogni dettaglio negativo è un avvertimento/incoraggiamento a desistere.
Quando un venditore e privo di controllo emotivo, introduce spesso delle obiezioni laddove non ve n’erano, attivando il bias della negatività. Ecco che cosa innesca Il bias della negatività:
- tutti i comportamenti, le parole, le azioni alla ricerca di indizi che tradiscano la malafede del venditore
- rispondere a domande che non sono state fatte
- prevenire le obiezioni anche se il cliente ancora non le ha Poste
- importare nel colloquio di vendita obiezioni sollevate da altri clienti
- proiettare le obiezioni sul interlocutore
- introdurre goffamente gli aspetti negativi del proprio prodotto all’inizio della trattativa
- parlare di problemi operativi fuori dal contesto
- continuate a parlare quando sarebbe preferibile rimanere in silenzio, poiché il cliente ha bisogno di quel silenzio per decidere in autonomia.
Il bias dell’ambiguità e l’effetto meno è meglio
Abbiamo detto prima che il cervello è pigro e cerca la strada che comporta il minor carico cognitivo. Ecco perché delle proposte complesse spesso suscitano obiezioni: gli esseri umani preferiscono opzioni apparentemente semplici, preferendo la certezza all’ambiguità.
Bisogna ricordare che complessità ed ambiguità rallentano il processo decisionale e inducono obiezioni del tipo “dobbiamo riflettere”. In questo senso “meno è meglio“, relegate grafici e numeri nell’appendice e semplificate al massimo le vostre proposte commerciali: non affrontate più di quattro o cinque priorità, problemi o criticità. Il percorso di avvicinamento deve essere agevole: per ognuno dei problemi del prospect, costruite un ponte mostrandogli la situazione attuale, descrivetegli la vostra proposta risolutiva e dipingetegli lo scenario futuro (tecnica del bridging). Per creare certezza, usate case di studio e precedenti documentabili relative ad aziende o a situazioni comparabili a quelle in cui si trova il cliente.
Dissonanza cognitiva
E’ una forma di stress mentale che si verifica quando gli esseri umani tentano di assumere due o più posizioni contrastanti o intraprendere un’azione incoerente con impegno preso in precedenza. Gli esseri umani hanno bisogno di essere coerenti nei pensieri nelle credenze e nei valori e nelle azioni e pertanto cercano di ridurre la dissonanza. Si arriva talvolta a negare l’evidenza e a razionalizzare le assurdità pur di proteggere una credenza radicata.
Le obiezioni nascono dalle dissonanze poiché i clienti all’atto di scegliere devono fare i conti con scelte consapevoli che spesso contrastano con i bias cognitivi inconsapevoli.
Esempio:
Situazione: il potenziale cliente ha un fornitore che gli dà un servizio scadente e voglio dimostrare con i fatti che quel fornitore lo sta imbrogliando
Dissonanza: a suo tempo fu lo stesso cliente a scegliere quel fornitore, deve ammettere di aver preso una decisione sbagliata oppure dare colpa al fornitore oppure dire che all’epoca non aveva avuto altre scelte.
Risultato: Il cliente ha bisogno di essere coerente con la propria auto-immagine e quindi punta i piedi, difende la sua scelta ignorando i danni che ha causato, si giustifica in modo irrazionale e più lo contestate, più si irrigidisce (reattanza). Paradossalmente, poichè la causa del disagio presente siete voi, diventate automaticamente i nemici e le probabilità d portare a casa l’ordine vanno a zero.
Approccio efficace: creare consapevolezza con una domanda: “Dimmi, Giovanni, Cosa ti piace di più di questo fornitore?”. Anche se sembra una domanda-suicidio in realtà state sfruttando:
1) il bias della negatività a vostro vantaggio perché il cliente elencherà dei vantaggi ma subito anche tutti i difetti del fornitore, poichè abbiamo visto che gli esseri umani sono più sensibili alla negativià che alla positività.
2) tradite il copione delle aspettative:Con una domanda simile, scardinerete le sue aspettative in merito al vostro comportamento, attirandolo verso di voi e coinvolgendolo maggiormente. Tutto ciò sarà più vantaggioso ai fini del cambiamento: quando è il cliente che esprime la propria insoddisfazione con parole sue, egli diventa più propenso ad attuare un cambiamento per essere coerente con le sue nuove convinzioni che ha sviluppato sul vecchio fornitore ed evitare di provare il disagio che accompagna la dissonanza.
Inserire il riassunto di pagina 59
COSA NON FARE IN PRESENZA DI RESISTENZE
Discutere col cliente? Lascia stare! Non si possono convincere gli interlocutori che hanno torto: più si insiste, più i clienti puntano i piedi e fanno resistenza. Questo fenomeno va sotto il nome di “Reattanza Psicologica”. A nessuno piace avere torto, e tanto più insisti per avere ragione tanto più il cliente si ribellerà alle tue pressioni: le persone hanno una tendenza prevedibile a ribellarsi di fronte a un imposizione. Pertanto, quando innescate la reattanza, state allontanando l’interlocutore. Ecco perché combattere, controbattere e polemizzare non serve a niente: i vostri sfori devono andare nella direzione opposta, quella dell’avvicinarsi attraverso l’Accoglienza – il cliente non deve percepirvi come una minaccia – e la Comprensione delle motivazioni che lo bloccano – per meglio individuare le sue obiezioni e gestirle funzionalmente –
Non si deve cercar di far cambiare idea al nostro interlocutore, altrimenti si dà vita ad uno scontro dialettico (neocorteccia) puramente razionale, mentre le decisioni si prendono con la parte emotiva (studio di Damasio sul sistema libico e l’impossibilità di prendere decisioni quando la parte emotiva del cervello risulta danneggiata: riescono a discuterne, ma non a muoversi). La persona che assume il controllo sul piano emotivo ha la massima probabilità di ottenere il risultato che desidera. Prima si decide, con la “pancia”, e poi ci si convince della decisione presa => le decisioni hanno natura emozionale e non razionale.
Pertanto, tentare di superare un’obiezione con la logica senza superare la sua origine emotiva, è come litigare con un muro. Anzichè cercare di spostare il muro e vedere l’interlocutore come un avversario di un confronto dialettico, sfruttate la sua architettura cognitiva per dipingere scenari e portarlo dalla vostra parte.
4) I tipi di obiezioni
In questa fase incontrerete tre tipi di reazioni: le risposte automatiche, i rinvii e le obiezioni vere e proprie. Andiamo ad analizzarle:
- Risposte Automatiche: avete presente quando entrate in un negozio e al commesso gentile rispondete “sto solo dando un’occhiata”? anche quando state cercando qualcosa di specifico. Ecco questo è il pilota automatico, un copione dettato da una risposta automatica che richiede un basso investimento cognitivo e permette di liquidare il venditore con un soffio, quasi una magia.
Alcuni esempi sono:
non siamo interessati, stiamo bene così, Sono in riunione, ora non posso, sto uscendo.
Non c’è intenzione di ingannarvi, semplicemente il cliente ripete un copione.
- Rinvii: si tratta di atteggiamenti elusivi del tipo: Mi chiami tra un mese, intanto mi mandi della documentazione via email ( la più grande richiesta dilatoria di sempre).
I prospect hanno scoperto che buona parte dei venditori crede a queste falsità e mollano la presa per evitare il conflitto. A differenza del rifiuto, il rinvio vi fa sentire più comodi, vi fa illudere che ci sia speranza, di fare stare nella vostra zona di comfort, ma in realtà si tratta solo di autoconvinzione: “deve essere interessato, mi ha detto di rifarmi vivo… “, una farsa a cui entrambe le parti fingono di credere.
- I depistaggi iniziali
La fase iniziale è la più delicata poiché il cliente ancora non ci conosce ed è più prone a muovere delle finte obiezioni iniziali per metterci alla prova. Sono tipiche delle domande sul prezzo prima che sia stato presentato il prodotto oppure mettono le mani avanti dicendo che oggi non compreranno nulla oppure dicono che stanno già trattando con altri nostri concorrenti, NON BISOGNA ABBOCCARE!!
! Se abboccate a questa esca saltate alcune fasi importanti del processo di vendita, date il controllo in mano il cliente e fate deragliare la vendita. !
In realtà si tratta di muri che vengono eretti per proteggersi dal presunto sfruttamento che voi venditori volete esercitare su di loro.
- Obiezioni: in questa fase si tratta di rifiuti logici della vostra richiesta e sono quasi sempre seguiti da un perché: “non ha senso vederci adesso, perché abbiamo già preso impegni con altri “, “ non abbiamo il budget, fino a questo autunno è inutile”.
Di fronte alle obiezioni avete tre opzioni decisionali:
- respingerle e incontrare comunque il cliente;
- cambiare marcia e raccogliere informazioni;
- riagganciare e farvi vivi in un altro momento.
COSA FARE CON IL CLIENTE
1) GESTIRE IL VOSTRO MINDSET
Nel momento in cui ci accorgiamo che il nostro cliente sta reagendo con la sua reattanza psicologica portando argomentazioni al confine con l’irrazionalità pur di proteggere la tua idea, è importante, anziché porci al suo stesso livello e cercare semplicemente di aver ragione con la logica, far sì che si attivi il nostro dialogo interiore e che ci guidi verso la risoluzione del dibattito.
Esempi:
“voglio aver ragione o voglio prendere questo ordine e incassare le provvigioni?”
“voglio dimostrare che lui si sbaglia o voglio passare alla fase successiva della trattativa? “
Attivare questa forma di dialogo interiore ci permette di scegliere intenzionalmente che percorso fa prendere alla dissertazione che stiamo tenendo.
2) FATE DOMANDE
– PER SCOPRIRE I SUOI BISOGNI/acquisire informazioni: scuotere le acque per far venire a galla i pesci
– dal vecchio paradigma “What is in there for me” –
( ti voglio vendere questo, voglio avere ragione, il focus è sul soggetto parlante e l’interlocutore/cliente è visto come nemico)
a “What is in there for him?” – quali sono i tuoi bisogni/problemi che il mio prodotto/la mia persona può risolverti? Da avversari a problem solver –> gioco WinWin in cui si bypassa il rettile poichè da una dinamica io VS di te si diventa io CON te
– per attivare il “circuito della autorivelazione” affinché di potenziale cliente sveli le proprie carte.
(Studio di Jason Mitchell e Diana tamir di Harvard pagina 110)
Parlare di sé e dei propri successi attiva l’area cerebrale del piacere e delle ricompense, lo stesso del sesso e del cibo, facendo emettere fiumi di dopamina nel cervello per il solo fatto di autocelebrarsi. La gestione accurata della comunicazione può far passare rapidamente dalle chiacchiere da bar all’eccesso di informazioni (EI), poiché raccontare fatti e successi personali é liberatorio poiché dal punto di vista fisiologico, ci fai mettere dopamina, l’ormone del benessere.
E’ dunque fondamentale far sì che il cliente parli di sé e della propria azienda attivando il circuito premiante dell’auto rivelazione ed anticipando le future obiezioni.
Come approcciarsi alla conversazione?
1. fare domande aperte
2. ascoltare attivamente e premiare il cliente per la sua loquacità con rinforzi positivi
3. Non interrompere il processo di auto rivelazione parlando sopra al cliente o instaurando dibattiti
4. quando si interrompe, attendere 3 o 4 secondi prima di parlare, implicitamente invitando il cliente a continuare col suo discorso.
5. quando il processo si è attivato, memorizzate le autorivelazioni e incentrate le vostre domande sui punti più importanti e strategici.
3) DIALOGO STRATEGICO
- SCHEMATIZZARE LE PRINCIPALI OBIEZIONI
Per quanto possa sembrare assurdo, i modi in cui un Prospect può rimbalzarvi sono finiti e non infiniti.
E’ possibile identificare dei Pattern ricorrenti e conseguentemente prepararsi a gestirli. Per prima cosa è importante utilizzare: la tabella di pagina 122 per catalogare le RRO incontrate e catalogarle in ordine decrescente di frequenza, al fine di elaborare delle risposte efficaci.
La strategia consiste nello sviluppare dei copioni semplici e ripetibili da recitare in automatico mettendosi al riparo dalle emozioni scatenate dal Prospect. In questo modo, benché il vostro cervello si troverà in modalità combatti o fuggi è la vostra neocorteccia non sarà irrorata di sangue, l’introduzione di automatismi vi aiuterà a superare momento di impasse ( parlare anche di gestione dello Stato).
Questo è ciò che fanno anche i politici , nelle interviste pianificate preparano dei copioni che li rendono molto più efficace persuasivi di quanto non lo siano quando vengono presi di sorpresa. Per rispondere automaticamente alle RRO, occorre molto impegno, fintanto che non si sviluppano degli automatismi, e nello stilarli può essere molto utile un’analisi retroattiva delle eccezioni, di tutte quelle volte in cui in passato si è riusciti a oltrepassare con successo una RRO. Per prima cosa bisogna fare un’analisi delle tentate soluzioni ovvero tabella pagina 125 nella quale evidenziamo come rispondiamo oggi.
NELL’INDIVIDUARLE, L’IMPERATIVO E’: SPIAZZATELI
Il modo migliore per eludere queste obiezioni automatiche è rompere gli schemi e non permettere al pilota automatico di deludervi.
Disgregate le aspettative del cliente/interlocutore che si aspetta che voi reagiate esattamente come tutti gli altri venditori.
E’ come se in ogni situazione vi fosse un copione, un’aspettativa di reazione: ogni volta in cui, gentilmente, improvvisate aprite uno scenario
Sappiamo che l’amigdala è attratta dalle anomalie, da ciò che è inatteso, brillante ed inaspettato, pertanto alterando il copione che il cliente si aspetta potrete disorientarlo e attrarlo a voi. Ciò può avvenire tramite un’affermazione o una domanda in netto contrasto con le reazione che il cliente si aspetta. vedi esempi pagina 127 utilizzando i tre cervelli, Cercando di evitare parole abusate come contattare, Sì certo, Volevo solo…
- Richiesta: sappiamo che un buon venditore deve chiedere e anche quando mettete in atto la migliore disgregazione, se non chiedete non otterrete il risultato. Dopo la disgregazione quindi, dovete nuovamente chiedere, con fiducia sicurezza, quello che desiderate. A questo punto potranno tirare fuori un’altra RRO, probabilmente più vicino alla verità, ma quando ricevete due obiezioni consecutive conviene lasciar perdere per non sembrare insistenti: il mare è pieno di pesci.
Ognuno stili il proprio copione sulla base degli esempi di pagina 129/130
Se un Prospect dice di no oggi, non vuol dire che dica di no anche domani. Ci sono molte variabili che influenzano una risposta se oggi dice di no, domani potrebbe non ricordarsene e dire di sì.
– NON ABBIATE PAURA DI ROMPERE LE PALLE
Non farsi abbattere, ma insistere, raccontare l’esempio dei 52 messaggi in casella vocale andati vuoti e del contratto chiuso al 53°.
- -sorprendere per l’amigdala
Gestire il dialogo interiore: AGIRE, NON REAGIRE
Le persone sono scortesi, frettolose e sgradevoli, dicono spesso cose che non vorreste mai sentire, la mettono sul personale. A volte siete solo il capro espiatorio dei loro problemi e delle loro frustrazioni, eppure è naturale farsi delle domande e rivedere mentalmente all’infinito la conversazione sentendosi imbarazzati ed ansiosi. In realtà, anche se per voi quel momento è stato causa di fortissimo imbarazzo per il cliente, voi eravate solo un breve intoppo, un’interruzione momentanea e insignificante della sua giornata. Eppure, voi fantasticate su una vendetta e l’ira contamina i vostri pensieri e la vostra giornata.
Come dice Amanda Chang, “In molti casi il rifiuto fa il 50% del danno e noi facciamo l’altro 50% “: il peggior danno che causa il rifiuto è quasi sempre autoinflitto.
La buona notizia è che, diversamente dalle emozioni, che si attivano senza il vostro consenso, il dialogo interiore è totalmente sotto il nostro controllo: siamo noi che possiamo decidere se pensare in positivo o in negativo.
E’ sufficiente rilassarsi e ascoltare il nostro dialogo interiore per poi modificare quelle parole e sceglierne altre che supportano le l’immagine che vogliamo di noi stessi. Quando assume un tono negativo, fermarsi e cambiare discorso.
Si può ad esempio sviluppare una routine , ovvero un ancora come una canzone, un mantra una citazione, da ripetere per riprendere fiducia dopo un rifiuto.
Esempi:
“voglio aver ragione o voglio prendere questo ordine e incassare le provvigioni?”
“voglio dimostrare che lui si sbaglia o voglio passare alla fase successiva della trattativa? “
Attivare questa forma di dialogo interiore ci permette di scegliere intenzionalmente che percorso fa prendere alla dissertazione che stiamo tenendo.
Author: Simone Marietta